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sabato 10 maggio 2014

Sulla frequenza e la "fattibilità" dell'allenamento.

La frequenza costituisce uno degli elementi più importanti nella programmazione dell'allenamento. In relazione alla frequenza i fattori che svolgono un ruolo fondamentale sono due:
  1. Il numero di sessioni di allenamento da svolgere durante la settimana;
  2. Il numero di allenamenti da destinare ad ognuna delle tre alzate di gara - squat, panca e stacco – durante la settimana.
Il primo di questi due fattori – numero di sessioni alla settimana – deve essere messo in relazione a diversi elementi come la disponibilità di tempo ( in concomitanza con i vari impegni di lavoro, studio, famigliari, ecc.), l'anzianità di allenamento, l'intensità dell'allenamento (percentuali di carico utilizzate nella singola sessione di allenamento), tempi di recupero. Quindi è facile capire come gli aspetti della vita quotidiana e le caratteristiche psicofisiche dell'atleta vadano ad incidere profondamente sulla frequenza settimanale delle sessioni di allenamento. A prima vista potrebbe, quindi, sembrare molto difficile pianificare la frequenza ottimale in relazione alle numerose variabili chiamate in causa. La buona notizia è che anche nel caso del powerlifting le cose semplici e un minimo di disponibilità di tempo consentono di programmare una frequenza di allenamento efficace. Infatti, con tre sessioni di allenamento alla settimana di due ore l'una è possibile giungere a risultati importanti. Dove per risultati importanti intendo che questo tipo di frequenza è idonea anche per atleti di livello avanzato impegnati in competizioni internazionali di powerlifting.
Perchè tre sessioni alla settimana costituiscono una frequenza ottimale nel 90% dei casi? Le ragioni sono diverse e tra queste è bene ricordare:
  • tre sessioni corrispondono ad un impegno di 6 ore la settimana. Dal momento che in una settimana ci sono 168 ore, questo impegno è pari a meno del 4% del monte ore totale, Quindi questa è una frequenza che può essere inserita tra gli altri impegni con una buona compatibilità;
  • se queste sessioni vengono inserite il lunedì, mercoledì e venerdì, consentono un adeguato recupero tra una sessione e l'altra;
  • consentono di lavorare con un adeguata enfasi su tutti e tre gli esercizi di gara in relazione alle diverse componenti della forza;
  • tre sessioni alla settimana consentono all'atleta di allenarsi praticamente in tutti gli ambienti, dal garage di casa (dove è comunque bene avere un compagno di allenamento) fino alle palestre commerciali (dove se faceste 7 sessioni alla settimana sarebbe un po più problematico...);
  • una frequenza di questo tipo permette all'atleta di affrontare ogni singola sessione con una forte spinta emotiva (da leggersi come voglia di allenarsi, anche se il concetto è abbastanza complesso).
Quindi, possiamo dire che tre sessioni settimanali consentono di pianificare una frequenza di allenamento efficace dal punto di vista dello stimolo allenante, accattivante sotto il profilo della spinta emotiva, in grado di consentire un adeguato recupero al sistema neuromuscolare, facilmente integrabile con le altre attività della vita quotidiana. In poche parole una frequenza di questo tipo consente di dar luogo ad un programma di allenamento altamente “fattibile”.
Il concetto di “fattibilità”, su cui torneremo in seguito, è sicuramente uno degli aspetti più importanti e al contempo più sottovalutati all’interno della progettazione di una corretta logica di training. Tale concetto va a toccare diversi aspetti connessi all’allenamento. Solo per fare un breve cenno, è perfettamente inutile progettare un programma di sei sessioni settimanali, se non si ha il tempo materiale per poterle sempre eseguire (fattibilità temporale), se non si recupera adeguatamente tra una sessione e l’altra (fattibilità dell’intensità di training), se non si arriva mentalmente freschi all’appuntamento col bilanciere (fattibilità emotiva).
Nel caso in cui, per diverse ragioni, lavorative, famigliari, ecc., non si riescano- o non si vogliano- eseguire tre sessioni di allenamento la settimana, è comunque possibile progettare un programma di allenamento efficace anche con due sessioni di allenamento alla settimana (anche qui di due ore l’una, realizzate ad esempio il lunedì e il giovedì). Ma cosa ci si può aspettare da una frequenza di allenamento di questo tipo? Anche in questo caso, pur non potendo arrivare ai risultati ottenibili con tre sessioni alla settimana, è tuttavia possibile raggiungere obiettivi davvero interessanti. Diciamo che con quest’ultimo tipo di frequenza è possibile giungere ad un livello “intermedio”, che per chi gareggia, significa poterlo fare in ambito italiano con risultati più che dignitosi in termini di “classifica” ( a patto naturalmente che i diversi aspetti dell’allenamento vengano gestiti con intelligenza).
Veniamo adesso a parlare della frequenza settimanale con cui allenare le singole alzate di gara- squat, panca e stacco. E qui entriamo in un’intricata giungla di teorie che danno indicazioni in molti casi contrastanti e quindi è proprio questa la variabile che porta i maggiori dubbi su come programmare una corretta frequenza di allenamento.
A mio avviso, nello sport- e quindi anche nel powerlifting- funziona ancora il vecchi presupposto secondo cui maggiormente si lavora e maggiori risultati si ottengono. Naturalmente se viene realizzata una pianificazione corretta ed intelligente per dare luogo ad un allenamento “fattibile”. Al contrario, se non si tiene conto di questa fattibilità, si potrebbe incorrere in errori che darebbero luogo a infortuni o a uno scarso impegno in allenamento (se ad esempio se si progetta un allenamento di tre sessioni di allenamento di squat alla settimana, tutte al 90% del carico massimale, come risultato si potrebbe avere o un bell’infortunio o poca voglia di andare in palestra…).
Quindi la domanda è: quante volte dovrei allenare le tre alzate durante la settimana per ottenere i migliori risultati? Secondo me se vengono eseguite tre sessioni di allenamento la settimana, in ogni sessione bisognerebbe eseguire squat, panca e stacco. Alcuni potrebbero pensare che un approccio di questo tipo sia eccessivo. Tuttavia, se le cose vengono fatte nel modo opportuno questa risulta essere la frequenza ottimale. Cioè è necessario utilizzare l’intensità- o percentuali di carico- opportuna alle varie serie di allenamento. Opportuna significa quell’intensità in grado di allenare efficacemente le qualità motorie e di coordinazione dell’atleta, di stimolare adeguatamente le fibre muscolari e di consentire un adeguato recupero tra una sessione e l’altra. Quindi un esempio per lo squat potrebbe essere:
  • lunedì intensità alta;
  • mercoledì intensità bassa;
  • venerdì intensità alta.
Definire cosa significhino i termini alta, media e bassa è funzione di diversi parametri tra cui l’anzianità di allenamento, il livello dell’atleta, il carico sollevato, la velocità di recupero. Per dare indicazioni di larga massima possiamo definire intensità alta una percentuale di carico compresa tra il 75 e il 90% del carico massimale; intensità media quella tra il 60 e il 75% e intensità bassa quella compresa tra il 50 e 60%.
Chiaramente questa è solo un indicazione delle percentuali di carico da utilizzare, ma che può essere presa come valida nella maggior parte dei casi. Per meglio identificare le percentuali di carico da utilizzare, può essere utile tenere presente che esse sono, generalmente, inversamente proporzionali al livello dell’atleta (contrariamente a quanto molti potrebbero pensare). Ciò vuol dire che più è alto il livello dell'atleta e più è bassa la percentuale di carico che deve essere utilizzata in allenamento. Questo per diverse ragioni. Tra di esse è utile ricordare che un atleta di alto livello ha capacità motorie e di coordinazionepiù elevate, è in grado di reclutare un maggior numero di fibre muscolari e non ultimo solleva carichi maggiori e quindi più impegnativi per il sistema neuromuscolare. Di conseguenza lavorare a percentuali troppo elevate potrebbe rivelarsi troppo stressante. Per fare un esempio se un atleta ha un massimale di panca raw di 270kg, lavorare al 90% significherebbe utilizzare un carico pari a 243kg , che potrebbe risultare molto rischioso e causare infortuni. Al contrario un atleta con un massimale di 100kg, se lavora al 90% utilizzerà 90kg, carico che può essere utilizzato, molto spesso, senza rischi di infortuni.
Queste sono naturalmente indicazioni di massima che l'atleta deve valutare con un tecnico davvero esperto in grado di indirizzarlo verso una programmazione dei carichi intelligente, che al contempo non implichi rischi di infortunio e che non causi “stalli” nel conseguimento dei risultati.
Ecco di seguito due esempi di programmazione efficace dell'intensità:



Lunedì
Mercoledì
Venerdì
SQUAT
Alta intensità (75-90%)
Bassa intensità (50-60%)
Media intensità (60-75%)
PANCA
Bassa intensità (50-60%)
Alta intensità (75-90%)
Media intensità (60-75%)
STACCO
Bassa intensità (50-60%)
Media intensità (60-75%)
Alta intensità (75-90%)




Lunedì
Mercoledì
Venerdì
SQUAT
Media intensità (60-75%)
Bassa intensità (50-60%)
Alta intensità (75-90%)
PANCA
Alta intensità (75-90%)
Media intensità (60-75%)
Bassa intensità (50-60%)
STACCO
Bassa intensità (50-60%)
Alta intensità (75-90%)
Media intensità (60-75%)


Naturalmente la programmazione dell'intensità è solo uno degli elementi importanti nell'adozione di una corretta logica di training. Altri aspetti come il seguire una periodizzazione lineare o di tipo diverso, l'allenamento delle diverse componenti della forza (forza veloce, massimale, accelerazione, esplosività), la scelta degli esercizi di base e di supporto, il numero di serie e ripetizioni, ecc, verranno trattati nei successivi post.
Voi cosa ne pensate? Qual'è secondo voi la frequenza ottimale nella programmazione delle tre alzate?


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